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lunedì 2 marzo 2009

Se l'inflazione decresce c'è poco da star sereni. E la Bce dovrebbe capirlo

di Fabrizio Goria25 Febbraio 2009

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L’inflazione decresce: molti gioiscono, ma non comprendono che potrebbe anche essere un male. Sono di pochi giorni fa i dati Istat relativi all’inflazione italiana calcolata per gennaio. In attesa delle cifre Eurostat, si osserva il calo congiunturale dello 0,1%, mentre su base annua il dato si attesta su un 1,6% che sorprende rispetto ai dati del luglio scorso.
Tornando con la mente indietro di sei mesi, quando l’inflazione a livello di eurozona si aggirava al 4%, facilmente si possono ricordare le paure del presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, impegnato in una lotta senza esclusione di colpi per contrastare i prezzi al consumo sempre più alti. Più volte si era affermato che l’inflazione in atto era prevalentemente causata da un accrescimento della domanda di materie prime, più precisamente petrolio, il cui costo aveva raggiunto (e superato) i 150 dollari al barile. Peccato che il prezzo del greggio abbia cominciato a calare, contro le aspettative di molti, fra cui Goldman Sachs, che ipotizzavano un prezzo di 400 dollari al barile entro fine 2008. Con esso è giunta anche la seconda fase della crisi finanziaria, ovvero la distruzione delle investment bank a stelle e strisce. E con essa è giunta la serie di deprezzamenti del costo del denaro da parte delle banche centrali, fino alla misura shock della Federal Reserve di metà dicembre: Fed Funds disponibile in un range fra lo 0 e lo 0,25%, a seconda delle richieste.
Sul fronte della BCE, il sistema sembra migliore, almeno sulla carta. Dopo i tagli ai tassi d’interesse dell’autunno, i banchieri di Francoforte hanno forse compreso che c’era qualcosa di distorto sui dati dell’inflazione. Ma il pericolo è dietro l’angolo, anche ricordando quanto detto da Nout Wellink, governatore della banca centrale olandese e membro del board della BCE. Nello scorso agosto, Wellink affermava che «Se si dovesse superare il 5%, l'inflazione sfuggirebbe al controllo delle banche centrali». Siamo fortunati che tal ipotesi non è stata suffragata dai fatti. Infatti, sono arrivati i venti di deflazione, come li ha definiti Francesco Daveri su Lavoce.info a settembre 2008. Ma non solo.
Insieme con la spinta al ribasso dei prezzi sono arrivati una recessione di notevole portata, un crollo degli ordinativi industriali ed un leit motiv che sembra non perdere mordente, ovvero la nazionalizzazione degli istituti di credito. Attualmente il tasso d’inflazione è stabilmente inferiore al 2%, mentre le prospettive di crescita del Fondo Monetario Internazionale per l’Area Euro sono pessime, intorno al -2%. Le previsioni degli analisti vanno nell’ottica di un taglio deciso nel corso della prossima riunione del board, prevista per metà marzo, ma questo potrebbe innescare un vortice pericoloso. Anche Trichet ha confermato la volontà di abbassare i tassi, quasi incurante delle spinte stataliste che stanno arrivando da molte parti d’Europa.
Se prendesse maggior piede l’idea di sostenere le imprese (o le attività patrimoniali) in difficoltà con soldi pubblici, si correrebbe il rischio di peggiorare la situazione. Con un forte esborso finanziario da parte dei singoli stati, impegnati ad entrare nei capitali delle società in crisi, una recessione sempre più dura ed un’inflazione in costante calo, si entrerebbe in una spirale simile a quella che ancora fa sentire i suoi effetti in Giappone, dovuta alla crisi dei primi anni Novanta. Sull’onda di deflazione, stagnazione e tassi d’interesse bassi il paese del Sol Levante è rimasto bloccato per quasi tre lustri. Senza dimenticare tutti le problematiche legate all’azzardo morale degli aiutati. Come dire, fate pure ciò che volete coi vostri bilanci, con le vostre attività, tanto c’è sempre qualcuno che verrà a tirarvi fuori dall’abisso.
Non ci resta che sperare, quindi, nella lungimiranza nelle scelte della BCE. Finora ha dimostrato di essere meno impulsiva della Fed: sulla politica monetaria e sulle decisioni in merito ai salvataggi di Stato. Come ha ricordato il presidente Nicolas Sarkozy, al G20 di Londra «Gli europei dovranno presentarsi uniti e determinati, perchè è il gioco la rifondazione del capitalismo». Molto dipenderà anche dalla BCE e dalla sua indipendenza di visione.

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