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venerdì 4 luglio 2008

DECRETO LEGGE 112 DEL 25 GIUGNO 2008

IMPORTANTI NOVITA’
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SICUREZZA IMPIANTI
ABROGATO L’OBBLIGO DI EFFETTUARE LA DICHIARAZIONE DI GARANZIA AL MOMENTO DEL ROGITO E DI ALLEGARE LA CERTIFICAZIONE RELATIVA ALLA CONFORMITA’
L’art. 35 del Decreto Legge 112 del 25/6/2008, pubblicato sulla G.U. 147 del 25.6.2008, ha abrogato l’art. 13 del DM 37/08[1].
La nuova norma, essendo contenuta in un decreto legge, ha effetto immediato, e quindi è entrata in vigore in pari data.
La novella ha peraltro mantenuto in vigore tutte le altre disposizioni del precedente Decreto Ministeriale 37/08 e previsto l’emanazione, entro marzo 2009, di nuove norme per disciplinare il complesso delle disposizioni in materia di impianti, la definizione di un sistema di verifica degli stessi, nonché la disciplina sanzionatoria.
Con la soppressione di detta norma scompaiono pertanto, in tema di impianti:
a) in sede di atto notarile l’obbligo per il venditore di effettuare la relativa dichiarazione di garanzia all’interno dell’atto e l’allegazione della certificazione di conformità
b) in caso di locazione l’obbligo per il locatore di consegnare la documentazione attestante la certificazione degli impianti.
Dal 25/6/2008 non sarà pertanto più necessario che le parti, in occasione degli atti definitivi, certifichino ed alleghino documenti comprovanti la sicurezza degli impianti, o ne prevedano l’esonero, ed i notai non avranno più l’obbligo in sede di rogito di richiedere alle parti dichiarazioni in tema.
E’ bene osservare però che, essendo rimasti fermi gli obblighi di legge già preesistenti in merito alla garanzia per vizi, sarà comunque opportuno che gli agenti immobiliari nel corso della trattativa analizzino, e nella proposta d’acquisto descrivano compiutamente, la situazione degli impianti, in modo che le parti assumano in modo chiaro e consapevole le rispettive obbligazioni in ordine alla caratteristiche proprie del bene, onde prevenire possibili successivi contenziosi.

ANTIRICICLAGGIO
MODIFICA DELLA SOGLIA PER IL PAGAMENTO IN DENARO CONTANTI
L’art. 32 del decreto legge 112/2008 ha riportato ad Euro 12.500,00 la soglia massima per il pagamento in denaro contanti, e per l’emissione e compilazione di assegni trasferibili (nonché per il saldo dei libretti al portatore), modificando quanto disciplinato ai commi 1, 5, 8, 12 e 13 dell’art. 49 del D.lgs. 231/2007 che avevano ridotto detta soglia ad Euro 5.000,00.
[1] “I soggetti destinatari delle prescrizioni previste dal presente decreto conservano la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di uso e manutenzione e, in caso di trasferimento dell’immobile, a qualsiasi titolo, la consegnano all’avente causa. L’atto di trasferimento riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza e contiene in allegato, salvo espressi patti contrari, la dichiarazione di conformità ovvero la dichiarazione di rispondenza di cui all’art. 7, comma 6. Copia della stessa documentazione è consegnata anche al soggetto che utilizza, a qualsiasi titolo, l’immobile”

[1] “I soggetti destinatari delle prescrizioni previste dal presente decreto conservano la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di uso e manutenzione e, in caso di trasferimento dell’immobile, a qualsiasi titolo, la consegnano all’avente causa. L’atto di trasferimento riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza e contiene in allegato, salvo espressi patti contrari, la dichiarazione di conformità ovvero la dichiarazione di rispondenza di cui all’art. 7, comma 6. Copia della stessa documentazione è consegnata anche al soggetto che utilizza, a qualsiasi titolo, l’immobile”

martedì 1 luglio 2008

La frenata della ‘tigre celtica’

A cura di Rocki Gialanellarockigialanella@fondionline.itIl rallentamento del settore immobiliare e la crisi internazionale stanno spegnendo il miracolo irlandeseDopo un ciclo espansivo durato due decenni, l’economia irlandese accusa da qualche mese un sensibile raffreddamento, dovuto alle simultanee difficoltà sperimentate da i due pilastri fondamentali della crescita: gli investimenti esteri e il settore immobiliare. Per la prima volta in quindici anni, il Pil irlandese crescerà quest’anno meno del 3% (stando alle aspettative formulate da diverse fonti), registrando un sensibile declino rispetto al +5,3% del 2007. Il tasso di disoccupazione è cresciuto più di un punto in pochi mesi, raggiungendo il 5,7%. Nei primi quattro mesi dell’anno, gli introiti fiscali hanno subito un calo del 6% rispetto alle previsioni (il dato sta provocando un aumento del deficit pubblico). Il cosiddetto ‘miracolo della tigre celtica’ si è basato su una straordinaria convergenza di fattori. Il decollo irlandese è stato innescato dall’allineamento di alcuni elementi: una politica fiscale molto conveniente per gli investitori e una manodopera anglofona costituirono le prime basi. Ma l’esplosione è arrivata quando si sono aggiunti altri elementi: l’ingresso nel mercato unico europeo, un quadro politico stabile con conti pubblici in ordine, un sistema educativo capace di formare manodopera qualificata e, infine, l’euro e i suoi tassi di interesse molto bassi. Poggiandosi su questi pilastri, l’Irlanda è riuscita ad attirare capitali stranieri ad un ritmo accelerato. Tra il 1997 e il 2006, il paese ha ricevuto investimenti stranieri diretti per un valore di 88.000 milioni di dollari, la stessa cifra dell’Australia, il doppio dell’Austria e qualcosa in meno dell’Italia. Questo flusso ha arricchito il paese, ma lo ha reso anche eccessivamente dipendente dalla congiuntura internazionale. L’attuale debolezza dell’economia statunitense, principale origine di questo flusso di investimenti, si sta trasmettendo all’Irlanda, proprio in una fase di estrema difficoltà del settore immobiliare. Secondo gli esperti dell’OECD, la contrazione Usa sarebbe la causa principale della decelerazione irlandese e dell’aumento della disoccupazione. Incentivato da un favorevole regime fiscale, il mercato immobiliare irlandese fece il suo ingresso nel 1993 in un ciclo espansivo che ha raggiunto il top nel 2005. Gli investimenti nel settore hanno toccato il 16% del reddito nazionale lordo, la quota più alta tra tutti i paesi dell’OECD. Nel 2006 ha avuto inizio una parabola discendente che si sta acutizzando negli ultimi mesi: rispetto ai 90.000 immobili costruiti nel 2006, quest’anno si arriverà a malapena ai 50.000. Le difficoltà del settore immobiliare –che assorbe il 12% degli occupati- stanno mettendo in serie difficoltà il governo di Brian Cwen. Il malessere sociale e i timori per un ulteriore deterioramento del quadro economico sono due chiavi di lettura del rifiuto del Trattato di Lisbona fuoriuscito dal referendum tenutosi lo scorso 12 giugno. I fautori del no hanno abilmente agitato il fantasma di una riduzione dell’autonomia irlandese, creando molto scetticismo tra i votanti in una fase di vacche magre.L’arrivo di ingenti investimenti dall’estero ha trasformato l’Irlanda in un’economia molto aperta. Le 500 multinazionali statunitensi aventi stabilimenti nel paese, danno lavoro a 100.000 dei due milioni di lavoratori del paese. L’Irlanda – grazie alla vicinanza linguistica, culturale e geografica- ha rappresentato una porta d’ingresso perfetta per le aziende Usa intenzionate a sbarcare nel mercato unico europeo. Il paese è stato una camera di compensazione tra la cultura del lavoro europea e quella statunitense. L’Irlanda sta soffrendo un cambio del ciclo fisiologico che può creare dolorosi mal di testa a causa dello scarso margine di manovra a disposizione del Governo. A partire dal 2004, la crisi ha portato un graduale trasferimento delle attività manifatturiere nei paesi dell’Est Europa, tuttavia, il settore dei servizi resta saldamente ancorato in terra d’Irlanda. Nonostante il rallentamento, la crescita irlandese resta superiore a quella dell’Unione Europea.

A cura di Rocki Gialanella rockigialanella@fondionline.it

Non spariamo sulla Bce, il fisco stimoli la crescita

In questi mesi difficili per la congiuntura economica (difficoltà purtroppo destinate a proseguire) stiamo assistendo, in alcuni paesi europei, a manifestazioni di crescente insofferenza da parte di politici e media nei confronti della Banca Centrale Europea. La si vorrebbe incline (ancora più incline, per essere precisi) ad una politica monetaria lasca, nella speranza (più propriamente nell’illusione) di risollevare un’economia europea che non appare così omogeneamente prostrata. Le richieste di easy money rivolte alla Bce provengono soprattutto da paesi, come Francia, Italia e Spagna, che si trovano in condizioni economiche fragili e squilibrate, per insufficienza strutturale della crescita o per lo scoppio (è il caso della Spagna) di bolle immobiliari. Vi è, in tali recriminazioni contro la Bce, il germe di pericolose involuzioni e derive, contro le quali è opportuno argomentare.
I detrattori della condotta della Bce parlano di “involuzione tecnocratica”, di lontananza dei banchieri centrali della Eurotower dai “problemi quotidiani dei cittadini”. Abbiamo addirittura letto di una corresponsabilità della Bce nella bocciatura irlandese del Trattato costituzionale europeo. Leggiamo anche di paragoni tanto impropri quanto disinformati tra la Bce e la Fed, quest’ultima invidiata per il duplice ruolo di custode della stabilità monetaria nel vincolo di perseguimento della piena occupazione. Paragoni immemori delle pesanti responsabilità della banca centrale statunitense nella politica monetaria forsennatamente reflazionistica e prona agli umori dei mercati finanziari perseguita negli ultimi lustri, oltre al pesante deficit regolatorio che ha originato l’aberrazione dei mutui subprime. In tempi difficili, la tentazione di ricercare ed individuare un capro espiatorio è forte, e le critiche di parte d’Europa (e d’Italia) verso la Bce si inseriscono in questo contesto. Eppure, basterebbe riflettere su alcuni dati.
In primo luogo non tutti sanno che, dal lancio della moneta unica, l’Area Euro ha creato 15,7 milioni di nuovi impieghi, più di quanti ne sono nati, nello stesso periodo, negli Stati Uniti. Difficile suffragare la tesi che la politica monetaria della Banca Centrale Europea abbia danneggiato l’occupazione. I clamorosi successi nell’export di paesi, come la Germania, da decenni abituati a misurarsi con politiche monetarie intransigenti (o meglio, non accomodanti), sono la dimostrazione indiretta del fatto che una moneta forte non è incompatibile con la crescita della produttività, ma addirittura pare indurla, forzando il sistema produttivo a ristrutturarsi e risalire lungo la catena del valore aggiunto.
Ma soprattutto, quanti (in Europa ed in Italia) vorrebbero una banca centrale europea responsabile unica della crescita, tendono a dimenticare che la politica economica di un paese è frutto sia dell’azione della politica monetaria che di quella della politica fiscale, oltre che della creazione di condizioni di competitività nei mercati di merci e servizi. Ora, se la politica monetaria è demandata ad una entità sovranazionale, ed anche ammettendo che Eurolandia non sia un’area valutaria ottimale, restano tuttavia intatti i ruoli dei governi nazionali nella politica fiscale e nella promozione di condizioni favorevoli alla crescita. Ricordiamo brevemente che, nell’ambito del modello con aspettative stazionarie realizzato a inizio anni 60 da Robert Mundell, per aversi ottimalità di un’area valutaria occorre che vengano soddisfatte alcune condizioni: mobilità del lavoro nella regione valutaria unica, diversificazione dei prodotti della regione, mobilità dei capitali con flessibilità di prezzi e salari, e creazione di meccanismi automatici di redistribuzione fiscale a vantaggio delle zone colpite negativamente nell’ambito delle prime due condizioni. Quest’ultimo requisito è notoriamente la base di un effettivo federalismo fiscale, ed è oggi assente nell’Area Euro, per il ritardo della politica. Sulla base di tali requisiti (statici, ribadiamo), Eurolandia non appare ancora un’area valutaria ottimale. Considerando tuttavia la meno nota variante del modello di Mundell (che include la condivisione internazionale del rischio valutario) si giunge ad argomentare a favore dell’Euro come efficace strumento di assorbimento di shock asimmetrici, come peraltro fece lo stesso Mundell.
Si diceva della politica fiscale, che è ancora di competenza dei governi nazionali. Consideriamo la vicenda dello sviluppo della bolla immobiliare spagnola: uno shock dal lato della domanda favorito dal processo di convergenza della peseta (e dei suoi tassi d’interesse) all’euro, ed alimentato da innovazione e competizione finanziaria indotte dalle liberalizzazioni, crescita demografica, immigrazione, aumento del reddito disponibile e favorevole trattamento fiscale della proprietà immobiliare. Oggi, al momento dello scoppio della bolla, l’intera Spagna impreca contro la Bce, “colpevole” di non ridurre i tassi in modo tale da contenere il servizio del debito ipotecario. Recriminazioni frutto di amnesie selettive: non abbiamo letto, negli ultimi anni, dichiarazioni dei politici e titoli dei giornali spagnoli che elogiavano la Bce per aver creato (involontariamente) le condizioni per il boom immobiliare, con tassi nominali e (soprattutto) reali troppo bassi. Ecco perché, dopo aver preso coscienza che la Bce non può levarsi in volo come Superman per sanare le insipienze politiche locali (ma non lo farebbe nemmeno la Fed, malgrado un certo provincialismo di analisi, qui in Europa, affermi il contrario), ma deve comunque preservare la stabilità monetaria, è preferibile istituire meccanismi nazionali idonei ad evitare lo sviluppo di shock indotti da una politica monetaria europea eccessivamente stimolativa per il singolo paese.
Nel caso dell’immobiliare, ad esempio, è stata suggerita l’adozione di misure fiscali anticicliche, ad esempio legando la deducibilità degli interessi sui mutui ai tassi reali e non a quelli nominali, o variando in senso anticiclico il prelievo fiscale da capital gain sul settore immobiliare. Analogamente, occorre disporre di regolatori bancari nazionali che gestiscano in senso anticiclico il credito ai singoli settori economici, famiglie incluse. Tutte misure altamente impopolari per i politici, che trovano molto più spendibile attribuirsi il merito dei boom da bolla, e colpevolizzare la Bce al momento del redde rationem.
Per un paese come l’Italia, che ha sprecato sull’altare (o meglio, nell’altoforno) della spesa pubblica il “dividendo dell’Euro”, cioè il risparmio negli interessi sul debito pubblico che la convergenza aveva permesso di conseguire (riducendo il premio al rischio-Italia, sarebbe bene non dimenticarlo mai), l’appartenenza alla moneta unica europea deve essere opportunità per promuovere profonde riforme strutturali, come liberalizzare i mercati di beni e servizi non esportabili (i cosiddetti “non tradeable goods”), i servizi pubblici locali ed il mercato del lavoro, riformando la contrattazione collettiva per stimolare lo sviluppo della produttività e favorire l’evoluzione del sistema produttivo verso settori a maggiore valore aggiunto, meno condizionati dalla pura competizione sui prezzi.
Sospirare sui “bei tempi andati”, quando il metadone delle svalutazioni risolveva per qualche trimestre i nostri problemi (accumulandone altri ben più gravi), ed invocare strumentali “sovranità popolari” su una istituzione come una banca centrale, che deve invece essere rigorosamente indipendente (come ben sanno i tedeschi, che mai hanno chiesto revisioni della missione della Bce) significa reiterare una visione fortemente miope ed orientata al breve periodo, condannandosi (o meglio sarebbe dire dannandosi) al declino.

di Mario Seminerio - © Libero Mercato

L'agente immobiliare è il mestiere più "insonne"

LONDRA (Reuters) - Gli agenti immobiliari sono in cima alla classifica dei lavoratori che dormono di meno, in parte a causa delle preoccupazioni dovute alla crisi economica e a un mercato immobiliare sempre più stagnante.
Lo rivela un'indagine commissionata dalla catena di hotel Travelodge e svolta tra 4.000 lavoratori britannici, secondo la quale gli agenti immobiliari dormono solo cinque ore e 50 minuti per notte.
Autotrasportatori e tassisti, penalizzati dall'aumento dei prezzi del carburante, dormono sei ore e 16 minuti a notte, seguiti dai banchieri con sei ore e 23 minuti.
Ai lavoratori intervistati è stato chiesto quanto dormono ogni notte e perchè. Più di un terzo ha incolpato per l'insonnia lo stress lavorativo dovuto all'attuale crisi finanziaria.
"Non stupisce che le professioni dei settori più colpiti dalla crisi economica siano in cima alla lista", ha commentato Leigh McCarron di Travelodge.
"Sappiamo tutti che le preoccupazioni economiche e la sicurezza del posto di lavoro sono fattori di stress, e lo stress sfocia nella perdita del sonno".

lunedì 30 giugno 2008

REMAX TEAM RETREAT

il 9 e 10 Ottobre2008 in una location d'eccellenza a SPERLONGA la REMAX TEAM e' lieta di annunciare il primo RETREAT AZIENDALE.

Lo scopo dell'incontro sara' di riunire tutti i consulenti e i broker per aumentare le possibilita' di ognuno e svilupparle in sinergia con gli altri.

Durante il retreat verra' erogato un corso di VENDITA per i top producer e verranno sviluppati gli STAGE INTERNAZIONALI.

Inviate mail per avere maggiori informazioni a mramberti@remax.it e preto verra' pubblicato il programma ufficiale.

Marco Ramberti

REMAX TEAM SUMMER PARTY


Grazie Sista (www.remax.it/scarandini) per aver ospitato tutta la REMAX TEAM il 26 giugno 2008 nella tua splendida casa e complimenti per il prestigioso invito al G25 della REMAX ITALIA.
"Seguendo l'acqua sul suo sentiero, raccogliendone le orme e i sussurri":
un intreccio di arte, cultura, storia e tradizioni dove ritrovare se stessi e
le strategie vincenti che ti porteranno a traguardi ancor più ambiziosi,
attraverso il confronto con i migliori broker italiani, stimolati
dall'esperienza nella comunicazione del relatore, Sergio Borra che condurra' tutti in una memorabile giornata di scambi intellettivi: BE GREAT 2008!... and BE INSPIRED...

Grazie Patricia per la golosa torta.