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martedì 1 luglio 2008

La frenata della ‘tigre celtica’

A cura di Rocki Gialanellarockigialanella@fondionline.itIl rallentamento del settore immobiliare e la crisi internazionale stanno spegnendo il miracolo irlandeseDopo un ciclo espansivo durato due decenni, l’economia irlandese accusa da qualche mese un sensibile raffreddamento, dovuto alle simultanee difficoltà sperimentate da i due pilastri fondamentali della crescita: gli investimenti esteri e il settore immobiliare. Per la prima volta in quindici anni, il Pil irlandese crescerà quest’anno meno del 3% (stando alle aspettative formulate da diverse fonti), registrando un sensibile declino rispetto al +5,3% del 2007. Il tasso di disoccupazione è cresciuto più di un punto in pochi mesi, raggiungendo il 5,7%. Nei primi quattro mesi dell’anno, gli introiti fiscali hanno subito un calo del 6% rispetto alle previsioni (il dato sta provocando un aumento del deficit pubblico). Il cosiddetto ‘miracolo della tigre celtica’ si è basato su una straordinaria convergenza di fattori. Il decollo irlandese è stato innescato dall’allineamento di alcuni elementi: una politica fiscale molto conveniente per gli investitori e una manodopera anglofona costituirono le prime basi. Ma l’esplosione è arrivata quando si sono aggiunti altri elementi: l’ingresso nel mercato unico europeo, un quadro politico stabile con conti pubblici in ordine, un sistema educativo capace di formare manodopera qualificata e, infine, l’euro e i suoi tassi di interesse molto bassi. Poggiandosi su questi pilastri, l’Irlanda è riuscita ad attirare capitali stranieri ad un ritmo accelerato. Tra il 1997 e il 2006, il paese ha ricevuto investimenti stranieri diretti per un valore di 88.000 milioni di dollari, la stessa cifra dell’Australia, il doppio dell’Austria e qualcosa in meno dell’Italia. Questo flusso ha arricchito il paese, ma lo ha reso anche eccessivamente dipendente dalla congiuntura internazionale. L’attuale debolezza dell’economia statunitense, principale origine di questo flusso di investimenti, si sta trasmettendo all’Irlanda, proprio in una fase di estrema difficoltà del settore immobiliare. Secondo gli esperti dell’OECD, la contrazione Usa sarebbe la causa principale della decelerazione irlandese e dell’aumento della disoccupazione. Incentivato da un favorevole regime fiscale, il mercato immobiliare irlandese fece il suo ingresso nel 1993 in un ciclo espansivo che ha raggiunto il top nel 2005. Gli investimenti nel settore hanno toccato il 16% del reddito nazionale lordo, la quota più alta tra tutti i paesi dell’OECD. Nel 2006 ha avuto inizio una parabola discendente che si sta acutizzando negli ultimi mesi: rispetto ai 90.000 immobili costruiti nel 2006, quest’anno si arriverà a malapena ai 50.000. Le difficoltà del settore immobiliare –che assorbe il 12% degli occupati- stanno mettendo in serie difficoltà il governo di Brian Cwen. Il malessere sociale e i timori per un ulteriore deterioramento del quadro economico sono due chiavi di lettura del rifiuto del Trattato di Lisbona fuoriuscito dal referendum tenutosi lo scorso 12 giugno. I fautori del no hanno abilmente agitato il fantasma di una riduzione dell’autonomia irlandese, creando molto scetticismo tra i votanti in una fase di vacche magre.L’arrivo di ingenti investimenti dall’estero ha trasformato l’Irlanda in un’economia molto aperta. Le 500 multinazionali statunitensi aventi stabilimenti nel paese, danno lavoro a 100.000 dei due milioni di lavoratori del paese. L’Irlanda – grazie alla vicinanza linguistica, culturale e geografica- ha rappresentato una porta d’ingresso perfetta per le aziende Usa intenzionate a sbarcare nel mercato unico europeo. Il paese è stato una camera di compensazione tra la cultura del lavoro europea e quella statunitense. L’Irlanda sta soffrendo un cambio del ciclo fisiologico che può creare dolorosi mal di testa a causa dello scarso margine di manovra a disposizione del Governo. A partire dal 2004, la crisi ha portato un graduale trasferimento delle attività manifatturiere nei paesi dell’Est Europa, tuttavia, il settore dei servizi resta saldamente ancorato in terra d’Irlanda. Nonostante il rallentamento, la crescita irlandese resta superiore a quella dell’Unione Europea.

A cura di Rocki Gialanella rockigialanella@fondionline.it

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