di Giovanni Lombardo
1 Aprile 2009
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Il piano casa può decollare, ma Berlusconi guarda già alla fase due che prevede nuovi insediamenti urbanistici nelle città. La conferenza unificata delle autonomie locali stamattina ha approvato il testo dell’accordo siglato ieri notte tra comuni, province, regioni e governo. Il provvedimento, che consentirà di ampliare le cubature degli immobili già esistenti del 20%, alla fine ha messo tutti d’accordo. E di colpo sono state spazzate via le accuse di incostituzionalità e l’allarme cementificazione lanciato dall’opposizione. Adesso tutti riconoscono i benefici di una misura anti-crisi che va a sostegno delle imprese di costruzioni, dell’indotto e dei cittadini. Le regioni dovranno approvare entro 3 mesi leggi ispirate agli obiettivi dell’accordo stesso. Mentre entro dieci giorni il governo emanerà un decreto legge per semplificare le procedure amministrative in materia edilizia.
«Sono soddisfatto per l’accordo raggiunto – ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi - un’altra intesa importante dopo quella sugli ammortizzatori sociali. Ringrazio le Regioni per la collaborazione istituzionale». L’auspicio del Cavaliere è che il piano casa metta in moto risorse considerevoli. «Se il 10% degli abitanti e proprietari di case mono e bifamiliari ricorreranno agli interventi previsti dal piano, avremo almeno 60-70 miliardi di euro immessi nell'economia e tolti dai depositi in banca, vale a dire 4-5 punti di Pil che potrebbero muoversi». Il premier, però, guarda già avanti: «Questo non è il piano casa, è un intervento di ampliamento delle abitazioni, è un piano famiglia più che un piano casa». Quali sono allora le intenzioni per il futuro? Berlusconi le spiega al termine del Consiglio dei ministri sull’intesa Governo-Regioni. «Un insediamento urbanistico in ogni capoluogo di provincia, per venire incontro alle esigenze di nuove case per chi la casa non ce l’ha, per i giovani, per chi non può permettersi l’affitto». E aggiunge: «Il mio sogno è vedere realizzazioni all'avanguardia dell'urbanistica».
Intanto anche il presidente della conferenza delle Regioni, Vasco Errani, è soddisfatto per l’accordo raggiunto. Quella delle regioni, e degli enti locali «non è stata una astratta battaglia di competenze – ha commentato - si è trattato di far rientrare nelle regole e nei binari giusti la questione». Ma quali sono le differenze tra il testo circolato la settimana scorsa (e che Berlusconi aveva comunque definito non ufficiale) e l’accordo siglato oggi? Innanzitutto non ci saranno deroghe alle leggi regionali, non ci sarà la possibilità di vendere gli immobili, nè saranno possibili cambi di destinazione d’uso. Tutti gli interventi saranno compiuti dentro le regole e nel rispetto degli strumenti urbanistici. Gli ampliamenti degli immobili, si legge nell’intesa Governo-Regioni, saranno possibili entro il 20% della volumetria esistente, per immobili che non superino i 1.000 metri cubi e fino a un massimo di incremento di 200 (in sostanza si tratta di villette mono e bifamiliari). Il limite di ampliamento sale al 35% nel caso di demolizioni, il tutto nel quadro di norme di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, quindi utilizzando tecniche di bioedilizia. Il Governo e le Regioni «ribadiscono la necessità assoluta del pieno rispetto della vigente disciplina in materia di rapporto di lavoro» anche dal punto di vista previdenziale e assistenziale e nella sicurezza dei cantieri.
Gli ampliamenti di volumetrie si riferiscono solo all’edilizia residenziale (saranno esclusi i condomini) mentre i centri storici e tutte le aree protette non verranno toccate dal piano casa.
L’accordo raggiunto con le Regioni, tutto sommato, non modifica granché il piano casa originario. Ma tende a fissare alcuni paletti di garanzia per la tutela del territorio, ribadendo a più riprese che tutto si muoverà nel «pieno rispetto dei programmi urbanistici». Stabilito ciò, è innegabile che la misura presenta una serie di vantaggi. Innanzitutto rappresenta un formidabile volano per dare slancio all’economia. Soprattutto in questo momento di crisi. E i benefici saranno per tutti. L’edilizia è un settore che riguarda imprese, piccoli artigiani, servizi, trasporti. Molte persone che hanno perso il lavoro potrebbero trovare nuove opportunità grazie a questo provvedimento. Non solo. Molte famiglie troveranno conveniente ampliare e ristrutturare la propria abitazione a prezzi vantaggiosi. Un esempio sulle materie prime: a settembre dello scorso anno il ferro, necessario per realizzare la struttura delle case, costava circa 480 euro a tonnellata, oggi un impresa paga intorno ai 140 euro. I minori costi di produzione si rifletteranno inevitabilmente anche sui prezzi al consumo.
L’unico rischio è che le regioni impieghino troppo tempo per varare le leggi e che la misura scatti in ritardo. Ma su questo punto Berlusconi è fiducioso: si farà in fretta. Ecco perché il premier ha già annunciato: «I padroni di casa possono cominciare da oggi a chiamare i progettisti e commissionare i lavori».
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