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L'occasione dello scudo per le case oltre confine
Marco Bellinazzo Benedetto Santacroce Lo scudo fiscale si allarga alle case all'estero. Per gli immobili che gli italiani detengono oltralpe, la chance di aderire alla regolarizzazione, fino a oggi, non è stata così scontata. Anzi, per certi aspetti, "a legislazione vigente", rappresenta un rebus di difficile soluzione. Prima di optare per lo scudo, infatti, è necessario effettuare uno screening sulla natura dell'immobile, sulla sua capacità di produrre reddito e, soprattutto, sulla legislazione dello Stato in cui è situato. Un'analisi che nelle precedenti edizioni della sanatoria ha limitato non poco il rientro di attività frutto di investimenti immobiliari realizzati all'estero. L'estensione allo scudo Lo scudo ter, invece, potrebbe estendersi alle case e agli altri tipi di costruzione detenuti fuori dall'Italia, a prescindere dal loro concreto utilizzo e anche se collocate in territori extraeuropei. I tecnici del ministero dell'Economia stanno riflettendo con attenzione su questa opportunità e proprio questo orientamento – in attesa che in Parlamento si completi l'iter del correttivo alle norme sullo scudo – potrebbe essere sposato dall'agenzia delle Entrate, nella versione definitiva della circolare attesa nei prossimi giorni. Circolare cui sarà allegata la lista bianca dei paesi extraUe "collaborativi", che assicurano un adeguato scambio di informazioni, per i quali sarà concessa la facoltà di regolarizzazione al pari di quelli comunitari. La lista che prenderà spunto dall'elenco degli Stati con cui Roma ha siglato convenzioni contro la doppia imposizione, includerà con ogni probabilità anche paesi come gli Stati Uniti in cui (complice il dollaro debole) negli ultimi due anni molti italiani hanno comprato appartamenti, "dimenticandosi" poi di denunciarli. Immobili e dichiarazione Finora per sanare l'acquisto irregolare di beni immobili si è posto invece il dilemma del cosiddetto quadro RW. In pratica, lo scudo è ammissibile solo nel caso in cui il contribuente abbia omesso di inserire in dichiarazione un'attività detenuta all'estero violando le regole sul monitoraggio fiscale. L'indicazione nel quadro RW (sezione II) è limitata alle attività estere suscettibili di produrre un reddito in Italia. In sostanza, non dovrebbero essere indicate in dichiarazione e, di conseguenza, non risulterebbero sanabili con lo scudo le posizioni di quei contribuenti che hanno all'estero attività che non producono redditi. Sul punto l'agenzia delle Entrate, con la circolare 9/E/2002, ha chiarito che devono essere sempre incluse nel quadro RW le attività che anche potenzialmente sono suscettibili di produrre in Italia redditi tassabili. La stessa circolare ha sottolineato che le attività finanziarie vanno sempre indicate nel quadro RW. Mentre sugli immobili l'Agenzia è stata finora più cauta, precisando che l'obbligo di dichiarazione va commisurato, anno per anno, alle loro modalità di fruizione e alla loro capacità di fornire un reddito effettivo. Verifiche in corso Pertanto per verificare se i titolari di immobili possono avvalersi dello scudo è necessario stabilire se, in relazione ai periodi d'imposta 2004-2008, gli immobili hanno prodotto una ricchezza tassabile in Italia. Di fatto, un immobile genera sempre un reddito tassabile quando è locato o quando dà luogo a una plusvalenza in caso di cessione. Quando invece è tenuto a disposizione del proprietario non sempre questa condizione sussiste. Dipende dalla legislazione dello Stato in cui l'immobile è situato. La verifica più difficile riguarda proprio l'individuazione del regime di tassazione esistente nello Stato in cui l'immobile si trova. Come si evince dalla tabella pubblicata qui accanto il regime di tassazione cambia da Stato a Stato e può mutare nel corso degli anni. Esistono, del resto, situazioni in cui gli Stati distinguono l'ipotesi in cui l'immobile sia tenuto a disposizione e abitato dal proprietario (non tassabili) dalle ipotesi in cui l'immobile sia solo a disposizione del proprietario che non lo abiti (tassabile). Si pensi al caso di Belgio e Spagna. L'evoluzione in atto La soluzione fin qui sostenuta dalle Entrate non convince più i tecnici e non sembra rispondere del tutto alla logica e al dettato delle regole che informano il monitoraggio fiscale. Si sta quindi valutando di equiparare l'immobile alle attività finanziarie, considerandolo sempre suscettibile di produrre un reddito tassabile. Questa scelta risponderebbe meglio – come sottolinea proprio lo studio elaborato "a legislazione vigente" dalla fondazione Telos dell'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Roma e curato da Norberto Arquilla, Giovanni Castellani e Antonio Fiorilli – allo stesso obiettivo del quadro RW di tracciare la consistenza del patrimonio detenuto all'estero. Per di più questa opzione fornirebbe al Fisco lo strumento per monitorare l'entità e le variazioni del patrimonio, tenendo conto anche delle informazioni che lo stesso quadro (sezione III) dà sui trasferimenti di denaro superiori a 10mila euro diretti a mantenere l'immobile stesso. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Domenica 27 Settembre 2009
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